Per capire
profondamente la natura del potere, la storia Medievale è un’utile cartina di
tornasole. In particolare le motivazioni e i fatti che hanno accompagnato la
cattività avignonese del papato mettono particolarmente a nudo le dinamiche del
potere. Mullins si focalizza su due versanti: crescita del sobborgo di Avignone
e monumenti ancora visitabili nella sede provvisoria del papato e fatti
salienti (e sfiziosi) del periodo di “trasferta” della sede papale. Sette papi
di cui due antipapi, cioè papi non eletti da procedure canoniche, si successero
al soglio di Pietro in quel di Avignone. L’ultimo papa romano prima della
cattività fu Bonifacio VIII, noto per la sua collocazione nell’inferno di Dante
e per la bolla Unam Sanctam, che sanciva (o tentava di farlo!) la supremazia
del potere spirituale su quello temporale. Benedetto Gaetani, ovvero Bonifacio
VIII, aveva svariati nemici, tra questi il re francese Filippo IV e la famiglia
Colonna, che contava due potenti cardinali: Giacomo e Pietro. Per il rischio di
scomunica (una scomunica di fatto già scritta e allora piuttosto temibile) il
re francese volle intimidire con l’umiliazione di Anagni papa Gaetani. Fu
quindi facile per il bel sovrano, che aveva dimostrato che l’Italia non era un
posto sicuro, promuovere una “propria” sede pontificia: Avignone. Il primo papa
avignonese fu Clemente V, notoriamente un burattino nelle mani del re di
Francia. Le figure dei papi avignonesi furono differenti tra loro e
protagonisti anche di episodi edificanti, come la fondazione di svariate
università, l’attacco al nepotismo (dei papi avignonesi precedenti) di
Benedetto XII, la coltura di nuove vigne grazie all’amore di papa Giovanni XXII
per il vino, la costruzione di palazzi meravigliosi e l’implemento delle opere
caritatevoli, ma, di fatto, gli anni in cui la sede della Chiesa fu ad Avignone
il potere temporale (difeso con la violenza) e soprattutto il vil denaro furono
in cima alle preoccupazioni dei pontefici. Non a caso la cattività avignonese è
stata anche definita “babilonese”: conti alla mano, Mullins spiega come i papi
fecero allora letteralmente tesoro del potere del soglio di Pietro, tassando le
stesse prebende che concedevano, vessando i francescani spirituali (che erano
pauperisti per antonomasia) e distruggendo il potente e danaroso ordine dei
templari per incamerarne i cospicui beni terreni. Non fu un caso neanche il
fatto che due sommi poeti “politicizzati” come Dante e Petrarca fossero acerrimi
nemici del papato avignonese. Insomma un testo che si legge d’un sorso, ricco
di “gossip storici” e di riferimenti a un passato che ha effetto nel presente,
almeno nella splendida città di Avignone.
Edwin Mullins è
scrittore, giornalista e cineasta britannico. Dopo la laurea a Oxford ha
collaborato con il Sunday Telegraph e il Daily Telegraph in qualità di
corrispondente d’arte. Vive tra Londra e la Provenza. Tra i suoi numerosi libri
di argomento religioso: Cluny e Il pellegrinaggio a Santiago de Compostela
(Bruno Mondadori 2004). Ha già pubblicato per Odoya Camargue. Paesaggio
dell’immaginario (2013).
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