Nel romanzo Il Mondo Nuovo di
Aldous Huxley, ambientato in un ipotetico futuro, viene descritta una società
distopica perfettamente pianificata, una società in cui la stabilità è
raggiunta per mezzo dell’ingegneria genetica, del precoce condizionamento
attuato sugli individui sin dalla più tenera età e mediante l’annullamento
delle libertà personali. In tale società, rigidamente divisa in caste, vi è
quindi necessità di una forza lavoro che svolga mansioni con differenti gradi
di specializzazione; di conseguenza, per fare in modo che nessuno sia scontento
della propria posizione, ad ogni individuo viene riservata sin dalla più tenera
età una diversa formazione. Nei casi delle caste inferiori, i gamma e i delta,
questa formazione sarà anche finalizzata nel mantenere basso il quoziente
intellettivo dei soggetti, dal momento che coloro che sono preposti allo
svolgimento dei lavori più umili è bene che non si rendano conto della loro
situazione, e non sviluppino alcun sentimento di invidia nei confronti delle
classi privilegiate. Nel romanzo, tra le altre cose, vengono descritti alcuni
dei metodi con cui i bambini delta vengono condizionati affinché sviluppino
determinate inclinazioni e delle particolari predilezioni. Ad esempio, nei
primi mesi di età, vengono posti di fronte a dei libri e a dei fiori, ed ogni
volta che li toccano vengono investi da una scossa elettrica. Il regime infatti
ritiene sconveniente che i bambini
sviluppino interesse per la lettura, dal momento che l’ignoranza è essenziale
per mantenere la popolazione sotto controllo; allo stesso modo viene osteggiato
un eccessivo amore verso la natura, poiché i cittadini che amano trascorrere il
loro tempo all’aria aperta non spendono e non stimolano l’economia. Huxley,
nell’immaginare il condizionamento violento per mezzo delle scosse elettriche,
si rifà evidentemente ai celebri studi del dottor Ivan Pavlov. Ivan Pavlov,
come è noto, mentre svolgeva degli esperimenti con l’aiuto di un cane aveva
osservato come la salivazione dell’animale aumentasse alla vista del cibo, come
normalmente ci si poteva aspettare. Il cibo in questo caso venne chiamato
stimolo incondizionato, e la salivazione del cane riflesso incondizionato. Nel
proseguire con l’esperimento, Pavlov iniziò a suonare un campanellino ogni
volta che portava del cibo al suo cane, finché l’animale associò la presenza
del cibo con il suono. In seguito, Pavlov scoprì che il suono del campanellino,
da solo, era sufficiente per innestare la salivazione del cane, anche senza la
presenza del cibo.
Il suono del campanello divenne
lo stimolo condizionato, mentre la salivazione indotta da questo suono, e non
dal cibo, venne detta riflesso condizionato. E’ utile qui notare che la
salivazione non è una operazione controllata dalla parte razionale della mente,
ma si tratta invece di un processo inconscio che si verifica a prescindere
dalla volontà dell’individuo, negli animali così come nell’uomo. L’esperimento
di Pavlov, di conseguenza, registrò in maniera “scientifica” una delle
caratteristiche principali del mondo animale, uomo incluso, ovvero la capacità
della componente inconscia di elaborare i dati del mondo esterno per
“associazione”.
Il meccanismo dell’associazione -
Tutti gli esseri umani sperimentano inconsciamente il meccanismo
dell’associazione nella loro vita quotidiana. Quando ad esempio associamo un
profumo particolare ad una persona a noi cara, ed in seguito il solo odorare
quel profumo ci provoca sentimenti positivi. Oppure nell’istintiva repulsione
che proviamo nei confronti della sveglia che interrompe il nostro sonno ogni
mattino, anche quando è silenziosa, così come nella gioia provata
nell’osservare un particolare oggetto, insignificante per gli altri, che
abbiamo associato con un momento carico di sensazioni. E’ importante
sottolineare che il processo dell’associazione avviene in maniera del tutto
inconscia, ed agisce ad un livello molto più profondo dell’attenzione
razionale.
Occorre ricordare anche che l’apparenza,
ovvero il modo in cui la realtà si mostra, gioca un ruolo molto più importante
di quanto siamo portati a credere per quanto riguarda la nostra capacità di
analizzare il mondo circostante, Quando ad esempio incontriamo una persona,
prima di parlarle e conoscerla la nostra parte inconscia ha già elaborato una
sua precisa opinione, sempre attraverso il meccanismo della associazione, e la
nostra parte razionale ed analitica interviene solamente in un secondo momento;
se la prima impressione è negativa, dovrà passare molto tempo prima che il
“parere” espresso dalla parte razionale possa mutarla, mentre se il primo
giudizio è positivo, per lungo tempo i segnali negativi verranno accantonati e
sminuiti dalla parte razionale.
Questa sorte di giudizio non ha
nulla a che fare con l’intelligenza di una persona o la sua “apertura mentale”,
tipica di chi è convinto di non giudicare mai dall’apparenza, proprio perché
riguarda la nostra parte inconscia ed istintiva. Un esempio aiuterà a
comprendere meglio questi meccanismi: una conoscente, persona istruita ed
amabile, trovava insopportabile la vista di un certo telecronista sportivo,
giudicandolo persona estremamente antipatica ed irritante, senza che il
comportamento del giornalista avesse mai dato adito a questo giudizio. Un
giorno, rivedendo le immagini di una tragedia successa molti anni addietro in
una partita di calcio, la conoscente riconobbe la voce del telecronista, e si
rese conto che la sua avversione nei suoi confronti era provocata dal fatto che
aveva associato la sua voce alle tragiche immagini che da bambina aveva
osservato alla televisione.
Rifacendoci alla terminologia
utilizzata da Ivan Pavlov, possiamo affermare che in questo caso la tragedia è
lo stimolo incondizionato (quello che per il cane era la visione del cibo), la
voce del telecronista è lo stimolo condizionato (il suono del campanellino), e
il sentimento di repulsione all’udire il giornalista è il riflesso
condizionato. Ovviamente, questo processo psicologico non rappresenta una
scoperta di Pavlov, ma a lui va il merito di averlo dimostrato
“scientificamente”, ovvero secondo i parametri della ricerca moderna.
L’apporto della psicanalisi, da
Freud a Le Bon - Pochi anni prima di Pavlov, un’altra disciplina propriamente
moderna, ovvero la psicanalisi, sulla cui qualità scientifica è lecito
dubitare, tentò di studiare le modalità attraverso le quali funzionava la
psiche degli esseri umani, ponendo l’attenzione su quella sua componente che da
allora venne chiamata “inconscio”.
L’idea di fondo di tale
disciplina sosteneva che la maggior parte dei problemi psicologici delle
persone era originata da traumi irrisolti, vissuti dall’individuo e rimossi
dalla componente cosciente della psiche, ma ancora presenti a livello inconscio.
Si pensava che aiutando il paziente nel ricordare e “far riemergere” il trauma
si potesse dargli la possibilità di affrontarlo e risolverlo definitivamente. L’opera
di Sigmund Freud e del suo allievo dissidente Jung ebbe un enorme diffusione
nel XX secolo, ed influenzò in maniera decisiva il pensiero e l’immaginario
collettivo. La psicanalisi gode tuttora di enorme popolarità, e gode anche
dello status di “disciplina scientifica”, nonostante molti si dichiarino
scettici riguardo la sua reale efficacia. Ma se l’aspetto curativo di questa
scienza suscitò sin dalla sua nascita enormi perplessità, ad una parte
dell’apparato teorico della psicanalisi venne invece riservata una grande
attenzione da persone che occupavano posizioni di grandi responsabilità,
persone che avevano interesse nel comprendere come effettivamente la psiche e
la mente umana funzionano. Fu questo il caso di Edward Bernays, nipote di
Sigmund Freud, uno dei pensatori che maggiormente contribuì a plasmare la
mentalità dell’uomo contemporaneo. Bernays, rifacendosi all’opera di Freud e di
Gustave Le Bon, un altro studioso che diede un enorme apporto alla comprensione
di questi meccanismi, operò affinché tali studi potessero trovare una
applicazione pratica su vasta scala. Occorre quindi, prima di procedere con
l’analisi dell’opera di Bernays, ricordare la grande importanza, ancora troppo
poco nota, che ebbero le ricerche dello psicologo Gustave le Bon, che nel 1895
diede alle stampe il fondamentale Psicologia delle folle. In tale scritto, Le
Bon analizzava il comportamento sviluppato dalle persone nel momento in cui
formano dei gruppi più o meno numerosi, arrivando a sostenere che all’interno
di una folla emerge e prende il soppravvento una sorta di “coscienza
collettiva” indipendente da quella dei singoli che la compongono, una coscienza
che risponde a dettami “inconsci”, sentimenti che possono essere abilmente
guidati da personalità carismatiche che sono in grado di comunicare
direttamente con questa enorme “coscienza”. L’opera di Le Bon venne
attentamente studiata dai maggiori dittatori del XX secolo: Mussolini riteneva
“psicologia delle folle” un testo imprescindibile per un leader di governo,
così come Hitler e Stalin. Edward Bernays, quindi, dopo aver a studiato i testi
di Freud e di Le Bon, sul finire dell’ottocento si trasferì in America e si
dedicò al perfezionamento della scienza della persuasione nota come propaganda.
Edward Bernays, dal razionale
all’inconscio - Quelli che manipolano il meccanismo nascosto della società
costituiscono un governo invisibile che è il vero potere che controlla. Noi
siamo governati, le nostre menti vengono plasmate, i nostri gusti vengono
formati, le nostre idee sono quasi totalmente influenzate da uomini di cui non
abbiamo mai nemmeno sentito parlare. Questo è il logico risultato del modo in
cui la nostra società democratica è organizzata. Un vasto numero di esseri
umani deve cooperare in questa maniera se si vuole vivere insieme come società
che funziona in modo tranquillo. In quasi tutte le azioni della nostra vita,
sia in ambito politico o negli affari o nella nostra condotta sociale o nel
nostro pensiero morale, siamo dominati da un relativamente piccolo numero di
persone che comprendono i processi mentali e i modelli di comportamento delle
masse. Sono loro che tirano i fili che controllano la mente delle persone
…Coloro che hanno in mano questo meccanismo, costituiscono il vero potere
esecutivo del paese.” Bernays lavorò per il governo americano e per l’apparato
industriale, e nel campo della propaganda e della pubblicità ottenne i suoi più
grandi successi, perfezionando quel particolare meccanismo tuttora usato dai
creatori d’opinione. Prima di Bernays, la pubblicità si concentrava
nell’elencare le qualità e i benefici dei prodotti reclamizzati: di una bibita
si diceva che fosse dissetante, di un abito che era resistente, di un
particolare attrezzo si elencavano i modi d’uso, e così via.
Ci si rivolgeva, in altre parole,
alla parte razionale, cosciente, della mente del consumatore.
Edward Bernays rivoluzionò questo
meccanismo, e comprese che un prodotto avrebbe potuto essere maggiormente
venduto se si rendeva appetibile al consumatore rivolgendosi alla sua parte
“inconscia”. Il prodotto quindi non doveva essere presentato per le sue
intrinseche qualità, ma doveva essere proposto in associazione con un
sentimento positivo, con una promessa di felicità, con uno stile di vita
agognato. Nel pubblicizzare un biscotto non bisognava soffermarsi sulla sua
bontà o sulle sue qualità nutritive, ma occorreva mostrare una famiglia felice
in una bella casa che con quel biscotto prendeva la sua prima colazione.
Di una automobile non si doveva
fare una lista delle sue prestazioni, ma ritrarla in un paesaggio aperto e
solare che suggerisse un senso di libertà. Bernays, in altre parole, non fece
altro che unire gli studi di Freud e di Le Bon con le scoperte del professor
Ivan Pavlov a proposito dei riflessi condizionati. Così come il cane del
professore sbavava all’udire il suono del campanellino, associato
inconsciamente al cibo, il nuovo consumatore venne abituato ad associare ai
prodotti reclamizzati un determinato sentimento. Nella pubblicità del biscotto,
ad esempio, viene mostrata una famiglia felice, in una bella casa. Per il
consumatore tale condizione, la felicità, è l’equivalente di quello che per il
cane di Pavlov era il cibo, lo stimolo incondizionato, ovvero il suo bisogno
primario. Il biscotto, associato all’immagine della felicità, è lo stimolo
condizionato, quello che per il cane era il suono del campanellino. Quando poi
il consumatore al momento di fare la spesa si troverà di fronte a quel
particolare biscotto, entrerà in funzione il meccanismo di associazione,
inconsciamente, e sarà portato a scegliere quel prodotto – riflesso
condizionato – nello stesso modo in cui la salivazione del cane aumentava al
suono del campanellino. E’ essenziale notare ancora una volta come su tale
processo non influiscono le qualità intellettive del consumatore, dal momento
che il tutto avviene a livello inconscio. L’associazione biscotto-felicità è
ormai acquisita.
Associazione e ripetizione: la
creazione del bisogno - Il successo,
indiscutibile, di tale meccanismo, è testimoniato dal fatto che ancora oggi le
strategie promozionali ricalcano esattamente le modalità teorizzate da Edward
Bernays: le pubblicità attualmente puntano inevitabilmente su concetti semplici
che richiamano i bisogni primari di ogni persona: il successo, il senso di
libertà, il sesso.
Per reclamizzare una pasta
sigillante si mostra una ragazza nuda, un assorbente è associato ad una giovane
donna che si lancia col paracadute, le macchine percorrono paesaggi suggestivi
oppure si muovono eteree in paesaggi urbani “addomesticati”, mentre gli
spaghetti sono sempre accompagnati da famiglie impeccabili e sorridenti che si
amano, famiglie perfette. Quando poi il consumatore si reca nel supermercato e
si trova davanti a quel sigillante, ecco che dentro di sé prova una strana
sensazione piacevole, senza rendersi conto che la sua psiche nello stesso
momento sta immaginando una bella donna nuda immersa in una vasca trasparente. Tutto
questo, però, non sarebbe possibile senza la presenza di un altro fattore,
egualmente importante e necessario: la ripetizione. Nella pubblicità, come
nella propaganda, il messaggio va ripetuto più e più volte, perché, ed anche
questo è ormai provato, la mente umana tende a considerare veritiere le
informazioni ricevute più volte in diverse condizioni. All’ennesima ripetizione
di un concetto, quest’ultimo sarà considerato vero in maniera automatica, e ciò
è valido sia sul piano cosciente che a livello inconscio. Associazione, appello
ai bisogni primari, ripetizione: questi, in sintesi, i fondamenti della
manipolazione del pensiero
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