venerdì 30 settembre 2016
Vuoi diventare un Cavaliere dell'ORDO EQUESTRIS TEMPLI ARCADIA ? Arcadia Lecce ti aspetta presso la propria Sede in Viale della Repubblica 21 a LECCE
Dopo un percorso di
studio, attraverso l’apprendimento di varie discipline dalla Storia Templare,
allo studio comparato delle Religioni e lo studio dei Simboli nelle diverse
tradizioni culturali e religiose, dall’Etica alla Morale cavalleresca,
all’Educazione Civica si può diventare Cavalieri di Arcadia. “Arcadia non
NOMINA e non VESTE Cavalieri, Arcadia li CREA”. Chi sceglie questo percorso
vive perfettamente integrato nei tempi e nei modi della società contemporanea,
ma rivolge i suoi occhi al prossimo avendo come linea guida quel senso di
Fratellanza e Giustizia che lega tutti gli uomini e le donne di buona volontà
di oggi. Ma soprattutto si spende nell’altruismo, nella cultura e in tutti quei
nobili valori che contribuiscono a rendere migliore la nostra società.
L’obiettivo di Arcadia Lecce (Associazione di Promozione Sociale d’ispirazione
templare) è quello di risvegliare i valori della Cavalleria e della Tradizione
dei Cavalieri Templari nella convinzione che il Cavaliere Templare di Arcadia
di oggi è un cavaliere nelle azioni, nella comunione d’intenti, nei sentimenti
di fratellanza verso i propri fratelli e sorelle della Congregazione, è una
persona di buona volontà di cui sono provate le doti morali e professionali. La
presentazione del nuovo corso di noviziato è previsto presso la sede di Arcadia
Lecce il 5 ottobre 2016 alle ore 19,30 in viale della Repubblica 21 a Lecce
Info
giovedì 29 settembre 2016
mercoledì 28 settembre 2016
martedì 27 settembre 2016
lunedì 26 settembre 2016
La questione indiana da Colombo ai giorni nostri di Massimiliano Galanti (Per Odoya in libreria dal 6 ottobre 2016)
“La situazione che i
popoli indigeni affrontano oggi non è altro che un nuovo requierimento. Si
chiede loro di abbandonare la propria integrità culturale e di cessare di
esistere come popoli autonomi, oppure di sopportare le discriminazioni, i
tormenti e le privazioni che gli sono inflitti proprio perché essi sono popoli
autonomi”. “A Pine Ridge, in Sud Dakota, e nella riserva dei Tohono O’odham, in
Arizona, l’indice di povertà è cinque volte superiore alla media nazionale. Il
tasso di suicidi tra i giovani indiani fra i 15 e i 24 anni è superiore del 200
percento al tasso nazionale per la stessa fascia d’età”. Oggi, trascorsi più di
500 anni dall’inizio della conquista e 125 dall’ultimo grande massacro
d’indiani a Wounded Knee, loro, i Native Americans, sono ancora fra noi e
continuano a rivendicare le terre rubate e la propria dignità di popoli
sovrani.
Una storia che inizia
con Colombo, oggi erroneamente commemorato, e si conclude con gli impegni di
Obama per un avvicinamento politico agli
abitanti delle riserve. Un libro completissimo di mappe e dati statistici, per
storicizzare da un lato e fare il punto della situazione dall'altro, sul
rapporto tra occupanti e occupati, negli USA.
Massimiliano Galanti da
circa trent’anni si occupa di diritti dei popoli indigeni. Dal 1995 è membro
del Comitato direttivo dell’associazione Il Cerchio (Coordinamento nazionale di
sostegno ai nativi americani). In questa veste ha partecipato, a Ginevra, nei
mesi di luglio 2000 e 2001, ai lavori del Working Group on Indigenous
Populations, organismo consultivo delle Nazioni Unite. Partecipa al Comitato 11
Ottobre, che ha promosso una campagna per l’istituzione di una Giornata della
memoria del genocidio dei popoli indigeni e per chiedere al Parlamento italiano
di ratificare la Convenzione 169.
giovedì 22 settembre 2016
mercoledì 21 settembre 2016
martedì 20 settembre 2016
lunedì 19 settembre 2016
venerdì 16 settembre 2016
giovedì 15 settembre 2016
mercoledì 14 settembre 2016
martedì 13 settembre 2016
lunedì 12 settembre 2016
venerdì 9 settembre 2016
giovedì 8 settembre 2016
mercoledì 7 settembre 2016
martedì 6 settembre 2016
E’ quella l’ora magica... Intervento di Piero Ragone *
Le citazioni che
adornano l’interessante riflessione del caro Andrea Lomoro hanno richiamato
alla memoria un film ricco di spunti, intitolato Il regno del Fuoco, nel quale
si narra di un futuro post apocalittico in cui l’Uomo è costretto a vivere
nell’oscurità perché la Terra è diventata dominio di possenti draghi volanti
che sembrano impossibili da sconfiggere; ho detto sembrano, dato che la
spiegazione di un irriconoscibile Matthew McConaughey fornisce una chiave di
lettura che universalizza la metafora della contesa Umanità-draghi: “(I draghi)
hanno una buona visibilità durante il giorno, e ancor meglio durante la notte.
Ma al tramonto non sono in grado di focalizzare. É quella l’ora magica”. Sì, è
l’ora magica per chi desidera non essere visto, se vuole sopravvivere. Il
tramonto è la normalità nella quale ognuno si smarrisce nell’immobilità di
un’esistenza sempre sospesa tra luce ed ombra, incapace del coraggio necessario
per venire allo scoperto, mostrarsi, affrontare le proprie paure. I draghi non
vedono chi vive nella penombra; l’incertezza è al di fuori del loro campo
visivo. Chi compie il balzo diviene visibile, pericolosamente visibile,
manifesta se stesso e tutti i colori della propria essenza poiché, come declama
Rimbaud nella Lettera del Veggente del 15 maggio 1871: “ (…) ha coltivato la
sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro, egli giunge all’ignoto, e
quand’anche, sbigottito, finisse col perdere l’intelligenza delle proprie visioni,
le avrebbe pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e
innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti
sui quali l’altro si è abbattuto!”. Non importa che la scelta sia la luce o
l’ombra. Ciò che conta è scegliere di uscire dal guscio dell’anonima normalità
per manifestare la propria natura, unica, irripetibile, inimitabile. Anche se
il rischio è finire nelle fauci del drago. Chi possiede una simile abilità? Da
chi attenderci il coraggio necessario per abbandonare la sicurezza della
penombra? Non è la maschera che identifica l’eroe; è la capacità di sbarazzarsi
di tutte le maschere. “Ci sono nature puramente contemplative e del tutto
inadatte all’azione, che, tuttavia, spinte da non si sa quale impulso
misterioso, agiscono a volte con una rapidità di cui esse stesse mai si
sarebbero credute capaci”. (Charles Baudelaire, Il Cattivo Vetraio, cap. IX).
*(Piero Ragone è
Docente della Libera Università di Studi Esoterici “Achille D’Angelo – Giacomo Catinella”
di Lecce)
lunedì 5 settembre 2016
venerdì 2 settembre 2016
Mutanti si nasce e io modestamente… lo nacqui! Intervento di Andrea Lomoro*
Così avrebbe esordito
Totò se avesse saputo che in qualche modo la sua comicità, superando ogni
confine e tempo, lo avrebbe reso immortale. Però qui, nonostante il bene che
vogliamo tutti al grande attore, non posso riconoscergli poteri da supereroe o
da divinità panteistica. In questa sede voglio parlare di esseri umani con doni
particolari. E subito la mente, almeno a me, va al cinema, perché se proprio
vogliamo essere pignoli, direi che sto proprio parlando di qualcosa che nasce
dal cinema, anzi, forse per meglio dire, dal fumetto, anzi… ”Riesco a fare cose
che altri non possono nemmeno immaginare”. Sembra l’incipit di un romanzo dove
qualcuno soffre per la capacità di poter fare cose che non sono così semplici
per altri e che spesso nemmeno sa di poterle fare quando vuole. Quanti libri abbiamo letto o quanti film
abbiamo visto con persone dotate di capacità diverse, diverse dalla normalità
alla quale siamo abituati. Praticamente
un dis/abile. E sì … perché chiunque non sia normalmente abile, per la letteratura,
è per la nostra società un diversamente abile.
Ma la saggezza popolare, grande fonte di filosofia spicciola, ma
assolutamente indispensabile per la vita di ogni giorno, ci insegna che la
diversità è un’opportunità da cogliere, una conoscenza in più da
approfondire. Come possono quindi due
concetti tanto distanti, coesistere formando un pensiero semplice, ma allo
stesso tempo utile? Una discrasia umana che oggi voglio cercare di sistemare.
Andiamo al dunque e cerchiamo la sua risposta nella parola: EVOLUZIONE! Per evolversi bisogna mutare, ed è una
condizione più frequente di quanto possiamo solo immaginare: da bambini,
infatti diventiamo adolescenti e poi adulti, mutando nel corpo e nella mente;
muta il carattere nel tempo, forgiato da particolari sferzate della vita, muta
la capigliatura e la pelle del volto per motivi interni o esterni al corpo,
muta il colore della pelle in relazione a dove viviamo per proteggere il corpo
nella sua interezza e solo se questa mutazione non è in perfetto equilibrio, la
sua disarmonia diventa per la nostra civiltà, disabilità. Siamo così abituati a un tale meccanismo che
non ci si sofferma più su quanto siamo mutanti noi stessi, almeno in una
semplicistica versione macroscopica.
L’uomo nel corso dei secoli, infatti, continua a evolversi oltre il
semplice passaggio del singolo individuo e lo fa come specie, per meglio
aderire alle necessità del luogo e del tempo. L’evoluzione/mutazione della
quale siamo più disposti a parlare, infatti, è quella visiva, quella che vede
l’uomo, scientificamente parlando, scendere dall’albero e mettersi su due
zampe, perdere i peli e la coda per poi compiere altri significativi passi in
avanti. Come se andare avanti per l’evoluzione umana fosse mettersi
semplicemente su due zampe, come se la mutazione fosse arrivata, per qualche
motivo astruso, al suo capolinea.
Proviamo invece ad andare oltre e chiediamoci cosa altro potrebbe
succedere alla razza umana se si spingesse ancora in avanti. Cosa altro
potrebbe modificarsi. Perché la domanda da porsi è: fino a dove e cosa
riusciamo a vedere delle mutazioni, oltre ai macro movimenti fisico-estetici
dell’uomo, estesi nel tempo? C’è molto altro, a mio modesto avviso, di così
grande, ma di così altrettanto piccolo che non possiamo vedere e che non
possiamo analizzare, forse, ma che esiste e che nella sua individualità soffre,
probabilmente, da qualche parte del globo, per il solo motivo che non sa perché
riesce a fare cose che altri non possono nemmeno immaginare. Forse l’anima di tutto quello che dobbiamo
fare si racchiude proprio in una bellissima frase di un fumetto molto famoso:
”da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Io sono pronto! E voi?
*( Andrea Lomoro è
coach in comunicazione e collaboratore dell’Ufficio Stampa della Libera
Università di Studi Esoterici “Achille d’Angelo – Giacomo Catinella” di Lecce)
giovedì 1 settembre 2016
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