Le citazioni che
adornano l’interessante riflessione del caro Andrea Lomoro hanno richiamato
alla memoria un film ricco di spunti, intitolato Il regno del Fuoco, nel quale
si narra di un futuro post apocalittico in cui l’Uomo è costretto a vivere
nell’oscurità perché la Terra è diventata dominio di possenti draghi volanti
che sembrano impossibili da sconfiggere; ho detto sembrano, dato che la
spiegazione di un irriconoscibile Matthew McConaughey fornisce una chiave di
lettura che universalizza la metafora della contesa Umanità-draghi: “(I draghi)
hanno una buona visibilità durante il giorno, e ancor meglio durante la notte.
Ma al tramonto non sono in grado di focalizzare. É quella l’ora magica”. Sì, è
l’ora magica per chi desidera non essere visto, se vuole sopravvivere. Il
tramonto è la normalità nella quale ognuno si smarrisce nell’immobilità di
un’esistenza sempre sospesa tra luce ed ombra, incapace del coraggio necessario
per venire allo scoperto, mostrarsi, affrontare le proprie paure. I draghi non
vedono chi vive nella penombra; l’incertezza è al di fuori del loro campo
visivo. Chi compie il balzo diviene visibile, pericolosamente visibile,
manifesta se stesso e tutti i colori della propria essenza poiché, come declama
Rimbaud nella Lettera del Veggente del 15 maggio 1871: “ (…) ha coltivato la
sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro, egli giunge all’ignoto, e
quand’anche, sbigottito, finisse col perdere l’intelligenza delle proprie visioni,
le avrebbe pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e
innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti
sui quali l’altro si è abbattuto!”. Non importa che la scelta sia la luce o
l’ombra. Ciò che conta è scegliere di uscire dal guscio dell’anonima normalità
per manifestare la propria natura, unica, irripetibile, inimitabile. Anche se
il rischio è finire nelle fauci del drago. Chi possiede una simile abilità? Da
chi attenderci il coraggio necessario per abbandonare la sicurezza della
penombra? Non è la maschera che identifica l’eroe; è la capacità di sbarazzarsi
di tutte le maschere. “Ci sono nature puramente contemplative e del tutto
inadatte all’azione, che, tuttavia, spinte da non si sa quale impulso
misterioso, agiscono a volte con una rapidità di cui esse stesse mai si
sarebbero credute capaci”. (Charles Baudelaire, Il Cattivo Vetraio, cap. IX).
*(Piero Ragone è
Docente della Libera Università di Studi Esoterici “Achille D’Angelo – Giacomo Catinella”
di Lecce)
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