Dall’estensore del canone della tradizione
letteraria occidentale, una piccola e godibilissima provocazione sul mito
dell’angelo e l’«invenzione dell’uomo». Partendo dal presupposto che la
«religione americana» non sia tanto l’oppio quanto la poesia dei popoli, Harold
Bloom mostra qui come gli angeli – e in particolare gli angeli caduti, ovvero
quelli che si ribellarono a Dio seguendo Lucifero – altro non siano che
immagini di una qualità umanissima: quella di animali mortali che tuttavia non
smettono di anelare alla trascendenza. Così, nella secolarissima religione
della letteratura del critico americano, la Caduta, spogliata di ogni associazione negativa,
diventa sinonimo di quella che Philip Roth ha definito la «macchia umana», vale
a dire l’irriducibile verità che, al fondo, l’essere umano rimane un enigma. Si
apre per questa via una speranza di redenzione – consegnata però, naturalmente,
non alla fede ma alla letteratura.
Harold Bloom, Sterling Professor
alla Yale University, membro della Academy of Arts and Letters e vincitore del
prestigioso MacArthur Prize, è uno dei maggiori critici letterari viventi. Tra
i suoi testi più importanti in traduzione italiana: Il libro di J (Leonardo,
Milano 1992), Il canone occidentale. I libri e le scuole delle età (Bompiani,
Milano 1996), Come si legge un libro, e perché (Rizzoli, Milano 2000),
Shakespeare: l’invenzione dell’uomo (ivi, 2001).
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