venerdì 6 marzo 2015

Segreto e potenza dei gesuiti di René Fülöp-Miller (Odoya)



L’affascinante storia dell’Ordine religioso da cui proviene papa Francesco, dalle sue origini ai primi decenni del Novecento. Un libro completo, che racconta accuratamente tutti i momenti salienti, gli intendimenti e le pratiche della Compagnia di Gesù.  La forte personalità di Ignazio di Loyola (al secolo Íñigo López) e la sua particolare biografia (fu combattente prima che uomo di chiesa) rendono conto delle origini e dei capisaldi di questo ordine. La vera innovazione gesuitica è stata la dottrina del libero arbitrio: l’uomo è libero di scegliere il bene oppure il male e di perseguire l’uno a differenza dell’altro. A tal proposito Loyola inventò un modo efficace per indurre nel credente la percezione del più grosso deterrente al praticare il male: insegnò ai suoi discepoli e a chi seguiva i suoi sermoni ad auto indurre a tutti i propri sensi l’esperienza delle fiamme perpetue dell’inferno. I famosi Esercizi furono una delle invenzioni più potenti dell’Ordine e segnarono il confine netto con la pratica esclusiva della meditazione. Per la prima volta si affacciava tra le opzioni degli uomini di chiesa un cristianesimo attivo, efficace, che permettesse tramite la volontà e l’esercizio di avvicinarsi a Dio. Le dispute non si fecero attendere, l’antica credenza che Dio disponesse tutto e che vigesse un determinismo fatalista per le azioni umane era fortemente radicata negli scritti e nei detti dei teologi e degli ecclesiastici. Domenicani e Gesuiti si scontrarono su questo.
Fülöp-Miller si inoltra nelle dispute filosofiche sulla dottrina del libero arbitrio confrontando le teoresi di Cartesio, Diderot, Voltaire, Kant, Pascal, Leinbniz e altri importanti filosofi.

Curioso pensare che molti di questi avevano studiato nei collegi della Sopcietà dei Gesuiti.

La Compagnia aveva nel proprio stesso atto di fondazione (il voto di Montmartre del 1534) una spinta all’attivismo che in seguito la portò a realizzare scuole, missioni e ospedali. Loyola e sodali non realizzarono mai la crociata che si erano preposti, tuttavia lo sviluppo dell’alternativa a questo proposito belligerante era di mettersi a disposizione del papa. La propensione all’aiuto del prossimo, la stretta gerarchizzazione, l’annullamento nella devozione ai superiori e a Dio (figure a loro detta correlate)  portò i gesuiti prima ad occuparsi della carità, dei malati e dei sofferenti, poi dell’educazione – avendo presto capito che uno dei principali mezzi di potere era l’appannaggio del sapere – e in seguito  alla conversione dei popoli. I padri missionari, che adottavano la tattica di ingraziarsi i sovrani per creare il terreno fertile per eventuali conversioni massive nella popolazione, ebbero a che fare già nel XVI con il Gran Mogul Akbar, con gli imperatori della Cina e del Giappone e in seguito con i popoli Messicani e sudamericani in generale. Se questo sforzo non fece da subito appassionare alla religione cristiana i sovrani di quei paesi, l’aneddotica sui tentativi fa ben comprendere come fossero caparbi gli affabulatori della compagnia. Ma la potenza dei gesuiti (ottenuta con lo sforzo “militante” e la presenza in punti cardine della società) nel Settecento causò loro dei grossi problemi con il papa stesso e l’epoca di Maria Teresa d’Austria (che invece era l’unica loro sostenitrice) non fu semplice per l’Ordine. Né lo fu professare nell’Inghilterra anglicana, in cui erano considerati fuorilegge. Se questo non vuol essere “un testo scientifico”, come dichiara l’autore nella prefazione, è riuscito negli anni ad essere un testo di riferimento, più volte ristampato. Indispensabile per capire perché oggi il “papa nero” e il “papa bianco” coincidano.

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