martedì 6 settembre 2016

E’ quella l’ora magica... Intervento di Piero Ragone *



Le citazioni che adornano l’interessante riflessione del caro Andrea Lomoro hanno richiamato alla memoria un film ricco di spunti, intitolato Il regno del Fuoco, nel quale si narra di un futuro post apocalittico in cui l’Uomo è costretto a vivere nell’oscurità perché la Terra è diventata dominio di possenti draghi volanti che sembrano impossibili da sconfiggere; ho detto sembrano, dato che la spiegazione di un irriconoscibile Matthew McConaughey fornisce una chiave di lettura che universalizza la metafora della contesa Umanità-draghi: “(I draghi) hanno una buona visibilità durante il giorno, e ancor meglio durante la notte. Ma al tramonto non sono in grado di focalizzare. É quella l’ora magica”. Sì, è l’ora magica per chi desidera non essere visto, se vuole sopravvivere. Il tramonto è la normalità nella quale ognuno si smarrisce nell’immobilità di un’esistenza sempre sospesa tra luce ed ombra, incapace del coraggio necessario per venire allo scoperto, mostrarsi, affrontare le proprie paure. I draghi non vedono chi vive nella penombra; l’incertezza è al di fuori del loro campo visivo. Chi compie il balzo diviene visibile, pericolosamente visibile, manifesta se stesso e tutti i colori della propria essenza poiché, come declama Rimbaud nella Lettera del Veggente del 15 maggio 1871: “ (…) ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro, egli giunge all’ignoto, e quand’anche, sbigottito, finisse col perdere l’intelligenza delle proprie visioni, le avrebbe pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l’altro si è abbattuto!”. Non importa che la scelta sia la luce o l’ombra. Ciò che conta è scegliere di uscire dal guscio dell’anonima normalità per manifestare la propria natura, unica, irripetibile, inimitabile. Anche se il rischio è finire nelle fauci del drago. Chi possiede una simile abilità? Da chi attenderci il coraggio necessario per abbandonare la sicurezza della penombra? Non è la maschera che identifica l’eroe; è la capacità di sbarazzarsi di tutte le maschere. “Ci sono nature puramente contemplative e del tutto inadatte all’azione, che, tuttavia, spinte da non si sa quale impulso misterioso, agiscono a volte con una rapidità di cui esse stesse mai si sarebbero credute capaci”. (Charles Baudelaire, Il Cattivo Vetraio, cap. IX).
*(Piero Ragone è Docente della Libera Università di Studi Esoterici “Achille D’Angelo – Giacomo Catinella” di Lecce)

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